L’11 febbraio si è celebrata la giornata internazionale dell’ONU dedicata alla donne nella scienza.
Affinché non venga evocata semplicemente come data simbolica, è importante discuterne con serietà e di continuo, raccontando fatti della realtà che dimostrino il ruolo e il valore delle donne nell’ambito scientifico.
Se analizziamo i dati, secondo l’UNESCO le donne rappresentano meno di un terzo degli studenti e dei ricercatori nelle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).
In Italia il dato è in controcorrente, per una volta in maniera positiva: qui il 53% dei laureati in discipline Stem è costituito da donne, contro una media OCSE del 39%.
Rispetto al contributo femminile, per la seconda volta si verifica un’eccezione in Italia riguardo ai lavori del digitale: paradossalmente le donne pur essendo pochissime, a parità di competenze, vengono pagate di più.
Il genere maschile è imperante nei campi dell’ingegneria e dell’informatica, così come tra i nominativi dei vincitori di premi scientifici. È interessante chiedersi e capire il perché. Non essendoci differenze di genere nelle abilità matematiche nei bambini, dobbiamo soffermarci su quali differenze emergono poi e da quali fattori esterni abbiano origine (ad esempio il contesto famigliare e sociale).
Le cause del gender gap
La convinzione che gli uomini fossero naturalmente più portati per le materie scientifiche è da sempre nella mentalità collettiva e sono pochi i Paesi e gli ambiti sociali in cui questo pregiudizio è in fase di superamento.
La percezione che i genitori hanno delle abilità dei propri figli, spesso è condizionata da stereotipi di genere che influenzano inevitabilmente anche la percezione dei figli delle proprie capacità, originando così il gap nelle materie scientifiche. I dati suggeriscono, inoltre, l’esistenza di una trasmissione intergenerazionale dei ruoli di genere, soprattutto dalle madri alle figlie.
Questi preconcetti sono riscontrabili a prescindere dal genere: è stato chiesto di ricordare un grande scienziato e il 71% del campione di individui intervistati ha risposto con un nome maschile, Albert Einstein citato dal 45% mentre Marie Curie solo dal 27%. Anche in questo caso l’Italia può ritenersi più fortunata: Rita Levi Montalcini viene ricordata dal 21% degli intervistati e Margherita Hack dall’8%.
Sono sempre di più gli studi, come quello condotto dalla University of Illinois, che rilevano che gli uomini iscritti alle facoltà Stem tendono a sovrastimare la loro intelligenza e le loro competenze, sottovalutando quelle delle colleghe donne e provocando in quest’ultime una minore sicurezza delle proprie capacità; sono proprio le stesse facoltà ad esaltare l’importanza di essere brillanti e talentuosi, qualità che molte donne, purtroppo, ritengono di non avere. Il lato negativo è la constatazione che, di conseguenza, la partecipazione femminile nel mondo scientifico rischia di diminuire così come la fiducia in sé stesse.
In uno studio del 2015, il Geena Davis Institute On Gender In Media ha mostrato come solo il 12% dei personaggi sullo schermo identificabili con le Stem sia femminile; anche le role model femminili sono rare proprio perché sono poche le scienziate il cui contributo viene riconosciuto dai colleghi, è infatti molto scarsa anche la presenza femminile nei comitati che distribuiscono riconoscimenti.
Il cambiamento deve cominciare nelle scuole con azioni specifiche come l’eliminazione di luoghi comuni dai testi scolastici, introdurre la partecipazione a progetti di scienze, valorizzare le abilità di ciascuno e far conoscere i role model della scienza e spiegare le prospettive, anche di impatto sociale, che i lavori Stem possono offrire.
Inoltre manca la consapevolezza che avere poche donne nelle Stem si traduce in perdita di risorse umane di qualità, le donne infatti hanno una maggiore percezione dei problemi ambientali e della responsabilità per lo sviluppo sostenibile, necessarie ad affrontare le grandi sfide delineate dall’Agenda 2030 dell’Onu.
Ci auguriamo che entro il 2020, come da priorità identificate nell’agenda del G7 del 2016, la presenza femminile nelle Stem venga incoraggiata intensificando gli sforzi rivolti a tutti gli stakeholder (bambine, genitori, insegnanti e scuole) per combattere gli stereotipi ma anche per promuovere le scienze e le risorse culturali ed educative a disposizione delle famiglie.
L’uguaglianza di genere è un obiettivo strategico da conseguire per l’Unione Europea e per favorire crescita economica e benessere. La riduzione delle disparità a livello professionale è un obiettivo in termini di parità di trattamento, di efficienza e fluidità del mercato del lavoro.